C'è un posto, all'estremo lembo meridionale della Borgogna, che si trova ai primi posti nella lista dei miei preferiti. È il minuscolo villaggio di La-Chapelle-sous-Brancion, con la sua piccola chiesa romanica, nel mezzo di una deliziosa campagna, fatta di vacche al pascolo e siepi. Il romanico è certamente la mia architettura prediletta, ma anche dei posti ci si innamora per motivi prevalentemente irrazionali. Così non ne ho mai abbastanza e ogni volta che passo da queste parti è necessaria una piccola deviazione per rivedere la chiesina, almeno dalla prospettiva di una curva lungo la dipartimentale che porta a Tournus. Sin da quando ho scoperto questo angolo di mondo, per caso, anni fa, ho fotografato questa chiesina in ogni viaggio, in diverse stagioni e condizioni di luce e tempo. Penso che potrei continuare per decenni senza annoiarmi.
Così anche quest'anno ho fatto tappa qui, in modo da avere un'intera mattinata da dedicare alla zona. L'albergo a Tournus era proprio in riva alla Saona e, com'era da aspettarsi in questa stagione, stamattina una fitta coltre di nebbia ricopriva tutto; così fitta che dal ponte non si vedeva il fiume, né il paese dalla riva opposta. Dirigendomi verso La-Chapelle-sous-Brancion, però, sapevo che avrei lasciato la nebbia dietro di me, dal momento che la strada sale in collina. Ed infatti la nebbia è sparita, di botto, proprio dietro la curva che mi aspettavo, lasciando il posto ad una mattinata di sole tardo-autunnale, con un po' di foschia, che donava al paesaggio dei magnifici toni pastello. A pensarci bene, tutte le volte che sono passato da queste parti i colori sono sempre stati sfumature delicate, tanto che potrei chiamare questa zona “il paese dai colori pastello”; questa mattina, con il sole ancora basso, anche esaltati da giochi di luci ed ombre sulla facciata del castello di Ozenay.
Quello che non mi aspettavo era ritrovare la nebbia un po' più avanti. Effettivamente, dopo qualche chilometro, la strada scende di nuovo e, nonostante la barriera sia costituita solo da una linea di colline, spesso ho constatato una netta differenza nelle condizioni meteorologiche dei due versanti. Per esempio, più a nord, quando si passa da Digione o Beaune e si prende l'autostrada verso Auxerre, al Col de Bessey-en-Chaume il tempo cambia in pochi chilometri, generalmente in meglio. Così è stata una piccola sorpresa, arrivato alla curva tanto desiderata, ripiombare all'improvviso nella nebbia.
Sulle prime ho pensato che sarebbe stato anche più bello vedere il villaggio apparire con i suoi vaghi contorni in mezzo al nulla; ma la nebbia ben presto si è rivelata molto densa, tanto da limitare la visibilità a poche decine di metri. Imboccata la stretta strada di campagna, il villaggio si è tenuto nascosto a lungo; quando già ero in mezzo alle prime case, la chiesina ancora non si vedeva. Si è fatta attendere fino all'ultimo.
Ma è stato bello fotografarla, un po' misteriosa, vicino all'albero che le fa da compagno, a fianco del cimitero. Tutt'intorno solo poche case, poi qualche albero, via via sempre più sbiadito man mano che lo sguardo procedeva oltre, fino a sparire nel nulla. Di tanto in tanto qualche gracchiare di cornacchie, o un muggito di vacca; più raramente lontane voci di persone che uscivano di casa.
Ho camminato un po' nei dintorni, in cerca di qualche scorcio da fotografare. Era come galleggiare in una piccola bolla di terra e di strada, ma ovviamente sapevo che la chiesina era sempre lì, a pochi passi, in cima alla collina. Ho passato un po' di tempo lì intorno, perché nei posti di cui sei innamorato ti fa piacere indugiare, anche senza fare niente. Poi ho pensato che più tardi nella mattinata il sole avrebbe probabilmente diradato la nebbia, almeno parzialmente, e il villaggio sarebbe stato visibile di nuovo dalla strada, in mezzo ai suoi pascoli contornati di siepi. Ho pregustato le foto che avrei potuto fare. Sarebbero state necessarie un paio d'ore, per cui ho ripreso l'auto e mi sono diretto verso altri posti potenzialmente interessanti, che la sera prima avevo studiato sulla cartina.
Arrivato il momento di tornare al villaggio ho provato una certa stanchezza, dovuta probabilmente ai più di duemila chilometri accumulati nell'ultima settimana. Era la giornata del rientro e mi aspettavano altri cinquecento chilometri verso casa; per tornare a La-Chapelle-sous-Brancion sarebbe stata necessaria una deviazione di circa un'ora... A lungo sono stato indeciso se prendere immediatamente la via di casa oppure no. Ho deciso per la prima opzione e ho imboccato l'autostrada. Me ne sono pentito subito, tant'è che ancora per qualche minuto ho pensato di uscire al primo svincolo e tornare indietro. Ma alla prima occasione utile il tempo necessario per la deviazione era già diventato di un'ora e mezza. Troppo. E ho desistito.
Poche volte ho rimpianto una decisione in questo modo. Come aver promesso ad un amico che abita lontano, e si visita raramente, di passare per un saluto prima di ripartire; e aver tradito la promessa. Per tutta la giornata e ancora per qualche giorno non mi sono tolto dalla mente la chiesina di La-Chapelle-sous-Brancion che mi aspettava, emergendo lentamente dalla nebbia nel sole mattutino, in delicati giochi di luce. E io non ero lì a fotografarla.
20 dicembre 2011
Mi sono ritrovato oggi, di ritorno da Milano, di nuovo sotto una densa nebbia. Tutt'intorno si vedeva solo qualche albero, via via sempre più sbiadito man mano che lo sguardo procedeva oltre, fino a sparire nel bianco. Come galleggiare nel nulla in una piccola bolla di terra e di strada. Poi, improvvisamente, è stato come essere di nuovo a La-Chapelle-sous-Brancion: come se la chiesina fosse lì a pochi passi, vicino al suo albero, accanto al cimitero, con intorno le vacche al pascolo. Una sensazione inaspettata, strana e piacevole. Come se d'ora in poi tutte le nebbie del mondo mi riportassero in quel dolcissimo angolo di Borgogna.